Le persone care che vanno via ci restano sempre un po' attaccate addosso: siamo noi a volerlo in fondo. Ripetiamo a voce alta i loro aneddoti, le loro frasi tipiche e i modi di dire che usavano spesso per rievocarli, per sentire ancora il loro calore accanto a noi.
Questa esigenza è tanto umana quanto mistica, e forse in quei momenti ci sentiamo anche un po' onnipotenti. Ci illudiamo con tutte le nostre forze che il ricordo basti a far rivivere le persone e le emozioni che ci hanno donato. Personalmente non ho mai creduto che questa esigenza sia "meramente" consolatoria. Ho sempre pensato che, in qualche modalità a noi ignota, le persone che abbiamo amato e che ci hanno amato trovino un modo per comunicare con noi, per non farci sentire soli, per alleviare almeno un po' il dolore per la loro assenza.
Ascoltare Giovanni Cavallini mentre racconta e ricorda suo padre, il pittore Furio Cavallini, ha consolidato questo mio pensiero. Soprattutto mi ha fatto avvicinare, in modo familiare, all'arte, alla vita, agli insegnamenti di un uomo, Furio appunto, che è stato artista, che è stato padre, che è stato nonno, amico, figlio. Un uomo che ha amato raccontare le persone e i loro animi attraverso i tratti a matita e a carboncino, attraverso pennellate nervose e istintive. Un uomo in grado di osservare, di perdersi negli sguardi altrui, di rappresentare l'oblio, la malattia e la sofferenza e di immaginare e raccontare il mondo attraverso la pittura.
Giovanni Cavallini, suo figlio, è da molti anni direttore della fotografia. Si avvicinò alla fotografia durante la seconda metà degli anni '70, lavorando come assistente di Antonia Mulas per tre anni. Nei primi anni '80 lavorò come assistente per alcune produzioni cine-televisiva a fianco del direttore della fotografia Alberto Carloni e del regista Angelo Rastelli, a supporto del reparto di camera.
Nel 1982 Luciano Tovoli gli propose di partecipare come assistente alle riprese del film Tenebre di Dario Argento. Di lì partì un percorso professionale che poi lo portò, nel 1989, a lavorare come direttore della fotografia per la pubblicità, il cinema e la televisione.
L'influenza artistica e umana di suo padre Furio Cavallini è stata per Giovanni l'insegnamento principale della sua vita. Per lui Furio, oltre ad essere suo padre, è stato un vero Maestro. Furio ha rappresentato per suo figlio un'ispirazione, è stato un iniziatore, colui che lo ha avvicinato alla fotografia, alla curiosità intellettuale, alla letteratura.
In questa intervista Giovanni Cavallini offre un quadro appassionato e lucido della vita e dell'arte di suo padre. C'è il ricordo degli aspetti tecnici della sua pittura e c'è l'incursione in fatti della sua vita che ne hanno influenzato le inclinazioni artistiche. C'è poi il modo in cui Giovanni ha rimescolato tutti questi elementi portandoli nella propria vita e nella professione.
Un viaggio commovente che termina con una promessa, un obiettivo di vita espresso da Giovanni. All'interno dell'intervista anche alcuni disegni realizzati da Furio Cavallini e spezzoni di video che lo ritraggono negli ultimi anni della sua vita.
Tutto il materiale presente nel video è stato gentilmente fornito per la pubblicazione da Giovanni Cavallini.
Grazie a @muybr !
Di seguito alcuni cenni biografici e link per approfondire.
"Furio Cavallini nasce a Piombino nel 1929. Con lo scoppio della guerra, nel '41, si trasferisce a Riparbella. [...] Lavora come tagliaboschi al fianco del padre, Giuseppe Cavallini, anarchico militante. Legge tantissimo e trova in Cassola e il suo immobilismo la sua libertà di raccontare attraverso l’oggetto le emozioni e le sue contaminazioni umane. Dopo il '45 torna a Piombino ed entra come operaio alla Magona. Segue le lezioni di nudo all’Accademia di belle arti di Firenze. Nel 1952 lascia la città portuale per diplomarsi in pittura. [...] Prosegue gli studi all’Accademia d’arte di Brera. [...] Nel '54 conosce Bianciardi al bar Jamaica. È la critica feroce verso la frenesia dei tempi moderni, contro il concetto effimero e ipocrita con cui lo Stato grida al “miracolo economico italiano”, a catalizzare le coscienze dei frequentatori del bar. [...] Grazie all’ingegner Conconi entra a lavorare alla Motomeccanica di Milano ma il contatto diretto con i prodotti chimici e i ritmi di lavoro estenuanti lo fanno ammalare di tubercolosi. Nel '56 viene ricoverato nel sanatorio di Firenze. [...] Nel '73 vince una cattedra di pittura al liceo artistico di Busto Arsizio e nel '77 abbandona l’insegnamento per dedicarsi integralmente alla pittura. [...] Nel '87 orfano della propria vena creativa, Cavallini si trasferisce, grazie a Ugo Guarino, per alcuni mesi nell’ex manicomio di Trieste. Qui condivide il suo tempo con gli ex ospiti della struttura sanitaria, rimasti lì sospesi tra una vita malata e una vita normale. [...] Muore a Cecina nel 2012."
https://www.cavallini.org/Furio/index.html
https://www.furiocavallini.com/